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Caos Manovra: detassazione delle tredicesime e tagli alla sanità

Il governo si trova a fare i conti con una Legge di Bilancio a cui verranno a mancare le risorse necessarie per tenere fede ai programmi.

Si assiste alla scarsità di risorse a disposizione del Governo: La Sanità il settore più colpito, mentre sul fronte lavoro si prova a mantenere inalterato il taglio sul cuneo fiscale, ma rischia di saltare la detassazione sulle tredicesime.

Il taglio più preoccupante riguarda la Sanità, e ha messo in allarme i governatori di Regione in un panorama in cui il 35% dei cittadini che hanno bisogno di farsi vedere da uno specialista o di fare accertamenti non passano attraverso strutture pubbliche o convenzionate – in cui le liste di attesa superano i 12 mesi – ma si rivolgono all’ampia offerta di centri privati a pagamento. Riguardo il fronte lavoro, l’esecutivo prova a tenere dritta la barra sul taglio del cuneo fiscale almeno fino alla fine dell’anno, ma è probabile che debba fare marcia indietro sulla detassazione delle tredicesime. La busta paga di Natale, dunque, rischia di essere più leggera. 

IL TAGLIO DELLE TASSE ALLE TREDICESIME​

Il piano del Governo è quello di detassare la mensilità ricevuta a Natale dai redditi medio-bassi per contrastare l’effetto dell’inflazione sul potere d’acquisto degli stipendi.

Cresce l’attesa dei lavoratori sul taglio delle tasse della tredicesima già per la fine del 2023, come da promesse del Governo Meloni. La misura si inserisce all’interno del piano generale della legge Delega di ridurre da quattro a tre gli scaglioni Irpef. L’esecutivo avrebbe a disposizione un anno di tempo, ma per applicare la detassazione sull’ultima busta paga di quest’anno il ministero dell’Economia avrebbe deciso di stringere i tempi.

Secondo le ultime ipotesi, il taglio della tredicesima potrebbe riguardare tutti i lavoratori entro un tetto massimo di reddito di 35mila euro l’anno, ma la misura potrebbe essere estesa anche ai dipendenti che si posizionano oltre questa soglia, senza però andare ad intaccare gli importi previsti per chi sta al di sotto.

Stando alle simulazioni effettuate da ‘Il Messaggero’, ad esempio, un lavoratore con un reddito di 15mila euro l’anno potrebbe ricevere uno sconto sull’Irpef di 80 euro, da 230 a 150 euro.

Chi dichiara 20mila euro annui scenderebbe invece da 400 a 240 euro di Irpef, con un risparmio di 160 euro. E ancora, secondo le stime, coloro che hanno un reddito annuale di 25mila euro beneficerebbe di un taglio da 200 euro, chi ne guadagna 30mila, invece, 480 euro e fino a un risparmio di circa 560 euro per chi si assesta sui 35mila.

Oltre questa soglia lo sconto potrebbe salire progressivamente, fino ad arrivare, ad esempio, a una tredicesima più ricca di 1792 euro netti per i redditi da 80mila euro all’anno.

 Il viceministro Maurizio Leo, dopo l’approvazione della legge delega nello scorso 14 agosto il Mef vuole accelerare i tempi sulla riforma e valuta di applicare gli sconti sulla tredicesima già dall’anno in corso.

Fino ad oggi bonus e detrazioni fiscali non possono essere applicate per legge alla tredicesima, facendo sì che le tasse sull’ultima busta paga siano sempre più elevate rispetto al resto dell’anno.

Il piano del Governo è quello di detassare la mensilità ricevuta a Natale dai redditi medio-bassi per contrastare l’effetto dell’inflazione sul potere d’acquisto degli stipendi, almeno in questa fascia di popolazione.

Per i decreti attuativi della legge delega il Governo avrebbe a disposizione un anno di tempo, ma sulla base dell’attuale tabella di marcia, i lavoratori non vedrebbero gli effetti sulla tredicesima fino a dicembre del 2024. Per questo l’esecutivo avrebbe deciso di accorciare i tempi.

Il taglio delle tasse sulla tredicesima si inserisce all’interno dell’obiettivo generale della riforma fiscale di ridurre da quattro a tre gli scaglioni Irpef.

Nella delega non c’è alcun riferimento specifico al passaggio da quattro a tre scaglioni di reddito, ma nella relazione tecnica di accompagnamento si legge che “i criteri relativi all’imposta personale sui redditi appaiono ancora indefiniti e non consentono di effettuare una puntuale valutazione in termini di gettito. Al riguardo, si osserva che i criteri direttivi si limitano a indicare un graduale percorso finalizzato a ridurre gradualmente il numero e il livello delle aliquote e degli scaglioni. In una prima fase, il legislatore potrebbe ridurre le aliquote a tre e successivamente a due”.

All’interno della revisione dei principi e dei criteri direttivi delle aliquote, si prevede anche la flat tax su straordinari sopra una determinata soglia, premi di produttività e sulla mensilità aggiuntiva di dicembre.

Al posto delle aliquote attuali alla tredicesima verrebbe dunque applicata un’imposta sostitutiva agevolata che andrebbe ad abbattere la tassazione dell’importo erogato in busta paga, consentendo così ai dipendenti di incassare per le Feste natalizie una somma più alta.

Dalle aliquote Irpef, che variano dal 23% al 43% sulla base del reddito percepito, si passerebbe quindi ad una tassa piatta del 15% per l’ultima mensilità i lavoratori dipendenti, sul modello delle norme già previste per le partite Iva.

TAGLI ALLA SANITA’​

«Il Sistema sanitario va difeso»
Sergio Mattarella
Presidente della Repubblica

Una situazione già critica oggi, che non accenna a migliorare in futuro. Sul tema della sanità è intervenuto anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella che, ha sottolineato come il Servizio sanitario nazionale sia «un patrimonio prezioso da difendere e adeguare ed in questo la riflessione delle Regioni, in dialogo con il Paese e la società, è particolarmente preziosa e importante».

Anche in sanità sono pronti nuovi tagli. Nella manovra economica del governo che si sta definendo in questo periodo non ci saranno i quattro miliardi richiesti dal ministro della Salute Orazio Schillaci. E dunque, senza l’arrivo di risorse, il dicastero sarà costretto a usare le forbici: all’insegna della cosiddetta “razionalizzazione”, a pagare il conto saranno farmaci, esami diagnostici e posti letto.

La sanità, secondo i numeri della testata, ha già subito 37 miliardi di euro di tagli nell’arco di dieci anni. Sui 130 miliardi complessivo del Fondo sanitario nazionale, inoltre, ben 15 miliardi di euro sono stati erosi dall’inflazione.

Il fondo sanitario nazionale potrebbe subire un taglio, giustificato con una migliore riorganizzazione e con la digitalizzazione, ma le Regioni sono allarmate.

Come stimato dal governo, le risorse da destinare alla sanità ammontano in questo 2023 a circa 134,7 miliardi di euro, una cifra in aumento se si prendono in considerazione i 131,1 miliardi del 2022. Se si passa al 2024, tale somma è però destinata a scendere a 133 miliardi per poi risalire nel 2025 e nel 2026 rispettivamente a 136,7 e a quasi 139 miliardi.

 Il fondo sanitario nazionale dal 2023 avrà 300 milioni in meno. Si parla già di tagli permanenti da 300 milioni all’anno a partire dal 2023, ma non delle risorse complessive del fondo.

 L’aspettativa è che anche per i prossimi anni il fondo nazionale per la sanità benefici sempre di 120 miliardi. 

Un ulteriore definanziamento della sanità avrà effetti che non tarderanno a farsi sentire, in un paese in cui capita di aspettare un anno per fare una semplice ecografia all’addome, gli screening oncologici barcollano e mancano infermieri e medici.

Se la prima categoria soffre di gravi carenze diffuse (si stima che manchino 65mila professionisti), la scarsità di camici bianchi vale solo per alcune specialità: la crisi è diffusa in settori come l’emergenza, nelle chirurgie e nelle terapie intensive. Sono circa 3mila i dottori che lasciano ogni anno, di cui mille vanno all’estero e gli altri si spostano nel privato.

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