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Assistenza ai rifugiati

Con l’incalzare delle notizie della guerra in Ucraina e dei fenomeni migratori provenienti dagli Stati a sud del Mediterraneo, in Italia non si è ancora trovato il modo per procedere al rinnovo dei contratti di circa 1200 lavoratrici e lavoratori in somministrazione che operano all’interno di Prefetture, Questure e Commissioni territoriali, proprio a favore della categoria dei rifugiati.

La questione è di estrema delicatezza e importanza dal momento in cui il contributo di queste lavoratrici e lavoratori, anche in ragione delle competenze professionali maturate nel campo, è stato decisivo nei percorsi di regolarizzazione di persone migranti e nella gestione dei flussi migratori, ed ha assicurato un grande supporto all’attività ordinaria degli uffici in cui operano, per tamponare le significative carenze organiche.

Vediamo innanzitutto cosa prevede la normativa che disciplina lo status di rifugiato

Secondo la Convenzione di Ginevra del 195, art.1, è riconosciuto Rifugiato colui che, direttamente (mediante provvedimento di espulsione o impedimento al rientro in patria) o indirettamente (per l’effettivo o ragionevolmente temuto impedimento dell’esercizio di uno o più diritti o libertà fondamentali), sia stato costretto dal Governo del proprio Paese ad abbandonare la propria terra e a “rifugiarsi” in un altro Paese, chiedendo asilo”. Inoltre la Convenzione sopra citata, all’art 32, prevede anche il divieto di espulsione del rifugiato che risieda regolarmente nel territorio di uno degli Stati contraenti se non per motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico. In tali casi, il rifugiato dovrà essere messo comunque in condizione di far valere le proprie ragioni e gli dovrà essere accordato un periodo di tempo per cercare di essere ammesso in un altro Paese. Il principio del divieto di espulsione è stato recepito anche nel testo unico del 1998 (art. 19).

Coloro che non sono considerati rifugiati ma hanno lasciato il loro Paese d’origine ed hanno inoltrato una richiesta d’asilo possono ottenere lo status di rifugiato da parte delle autorità del Paese che li ospita. In effetti L’Italia, con la L. 523/1992, ha ratificato la Convenzione di Dublino sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri della Comunità europea, in ottemperanza alle statuizioni della Convenzione di Ginevra.

In particolare, gli Stati membri si impegnano affinché la domanda di asilo loro presentata da parte di qualsiasi straniero sia esaminata dallo Stato competente (i criteri di individuazione della competenza sono indicati dagli artt. 5-8 della Convenzione) in conformità alla sua legislazione ed agli obblighi internazionali.

Riconoscimento status di rifugiato

La modalità per il riconoscimento dello status di rifugiato è contenuta nel D.L. 416/1989 e nel regolamento di attuazione, il D.P.R. 136/1990 la cosiddetta Legge Martelli modificata nel corso della XIV legislatura dalla L. 189/2002 (c.d. “legge Bossi-Fini”). alla quale sono affidati compiti di indirizzo e coordinamento delle commissioni territoriali, di formazione e aggiornamento dei componenti delle medesime commissioni, di raccolta di dati statistici oltre che poteri decisionali in tema di revoche e cessazione dello status concessi (art. 1-quinquies D.L. 416/1989)

La I Commissione (Affari costituzionali) della Camera ha approvato l’11 maggio 2004 un progetto di riforma – frutto dell’esame di sei proposte di legge di iniziativa parlamentare – volta a definire una disciplina organica del diritto di asilo.

Il progetto di legge è volto nel contempo a dare attuazione all’art. 10 Cost. che garantisce il diritto dell’asilo politico agli stranieri e all’esecuzione delle convenzioni internazionali tentando di conciliare il tema della sicurezza con quello dell’accoglienza.

In particolare, la proposta individua i titolari del diritto di asilo; definisce la composizione e i compiti delle Commissioni territoriali e della Commissione centrale per il riconoscimento del diritto di asilo; individua in dettaglio le modalità per la presentazione e l’esame delle domande di asilo; stabilisce misure di assistenza e di integrazione in favore dei soggetti richiedenti asilo e specifica i diritti spettanti ai rifugiati.

Come richiedere assistenza e protezione internazionale

Si può richiedere la protezione internazionale e l’assistenza al momento dell’arrivo in Italia presso la Polizia di Frontiera o, se già si è in Italia, presso la Questura più vicina. La domanda è individuale: ogni persona adulta deve presentare la domanda personalmente. Se si hanno figli minorenni in Italia bisogna avvisare le Autorità della loro presenza: in questo modo la domanda sarà valida anche per loro. Se si ha meno di 18 anni e si è da soli qui in Italia, si può comunque presentare subito la domanda di protezione internazionale con l’assistenza della persona responsabile del centro in cui ci si trovi. La procedura per la valutazione della domanda di protezione internazionale è gratuita.

La domanda per avere protezione e quindi lo status di rifugiato viene valutata dal Paese competente che, secondo il Regolamento di Dublino è il primo Paese europeo in cui si entra (ad esempio: se l’Italia è il primo Paese europeo in cui uno straniero è entrato, sarà l’Italia a valutare la richiesta di protezione internazionale e quindi ottenere lo status di rifugiato).

Qual è la procedura per essere assistiti ed avere protezione internazionale?

  1. Dopo essere arrivato in Italia e dopo aver espresso intenzione di chiedere assistenza e protezione, la Polizia ti identifica: registra i dati anagrafici (nome, cognome, data, luogo di nascita, nazionalità), scatta alcune fotografie. Per svolgere queste procedure il rifugiato può essere trattenuto in una struttura specifica fino ad un massimo di 1 mese. Al termine di questo periodo, se non fosse stato ancora possibile accertare l’identità e cittadinanza, il rifugiato può essere trasferito in un Centro di Permanenza per i Rimpatri, dove potrà essere trattenuto per un periodo massimo di 6 mesi. 
  2. Compilazione di un modulo chiamato Modello C3. La Polizia pone alcune domande sulla identità e condizione personale (ad es. nome, cognome, data e luogo di nascita, nazionalità, domicilio attuale, recapiti, titoli di studio, lavoro, religione, luoghi di residenza, lingue conosciute), sulla famiglia, sul viaggio affrontato e chiede di raccontare brevemente i motivi per cui ha lasciato il proprio Paese e il perché non può farvi ritorno e quindi richiede lo status di rifugiato. Il modello C3 sarà firmato dal richiedente assistenza e protezione, dal funzionario di Polizia e dall’interprete che lo ha assistito e nel caso in cui si ha meno di 18 anni, dal tutore o dal responsabile del centro in cui si è accolti. Il richiedente riceverà una copia del modello firmato e dei documenti che ha depositato.
  3. Assistenza: se si hanno figli minorenni, si è in stato di gravidanza, si è diversamente abile, si ha bisogno di un sostegno psicologico o qualsiasi altro bisogno, bisogna subito parlare con la Polizia, con il personale del centro di accoglienza in cui si è ospiti con una associazione di tutela dei richiedenti asilo o con un avvocato. In questi casi infatti, a seconda del bisogno, si potrebbe avere il diritto di:
    • essere ospitato in strutture dedicate (ad esempio: centri per minorenni o strutture protette per persone a rischio di sfruttamento sessuale);
    • essere seguito ed aiutato da personale esperto di supporto (dottore, psicologo, assistente sociale…);
    • ottenere un esame prioritario della domanda.

    Deduciamo dunque che il lavoro di questi lavoratori somministrati è stato di rilevante aiuto nel gestire la complicata e delicata questione dei rifugiati nel nostro Paese e che urge un intervento delle autorità per dare dignità al lavoro di queste persone e permettere loro una strada e un inserimento lavorativo duraturo. L’immigrazione non è una questione di emergenza o momentanea, ma strutturale e duratura, per cui bisogna dare continuità ai servizi garantendo una occupazione competente e stabile. 

SOMMINISTRAZIONE PER INSERIMENTO LAVORATIVO RIFUGIATI

Oltre ai servizi di accoglienza e assistenza per i rifugiati, le categorie sindacali assieme a Assolavoro (Associazione Nazionale di Categoria delle Agenzie per il Lavoro (APL).) hanno previsto azioni volte ad agevolare l’inclusione e l’inserimento socio-lavorativo. L’accordo riguarda il settore della somministrazione, sostegno, formazione e lavoro per rifugiati ed è stato siglato il 6 Aprile 2022, a tutt’oggi valido. Nello specifico vediamo cosa prevede l’Accordo.

Settore della Somministrazione sostegno, formazione e lavoro per accoglienza rifugiati

L’accordo prevede una serie di misure di sostegno e di formazione, volte a favorire l’inserimento lavorativo dei rifugiati. Riguardo ai percorsi di formazione, dopo un “bilancio delle competenze” sono previste due fasi. Al termine della prima fase di formazione base di “lingua italiana” e di “cultura ed educazione civica italiana” sarà̀ rilasciato un attestato di frequenza necessario, poi, per accedere alla successiva fase di formazione professionale (a meno che il lavoratore o la lavoratrice non dimostrino di possedere già̀ le conoscenze necessarie per accedere direttamente).

Per sostenere concretamente quanti prenderanno parte ai percorsi di Formazione, saranno riconosciuti un’indennità̀ di frequenza e il un rimborso per le eventuali spese sostenute per vitto, alloggio e trasporto, oltre a una indennità̀ una tantum pari a 1.000 euro, a conclusione del primo percorso formativo tracciato dal Bilancio delle Competenze previsto.

Sempre con l’obiettivo di favorire la fruizione e incentivare la partecipazione a questi percorsi formativi, è previsto l’accesso agevolato alle prestazioni dell’ente bilaterale di settore Ebitemp nato nel 2000 (Ente Bilaterale Nazionale per il Lavoro Temporaneo), relative ai contributi per sostenere le spese per asilo nido e per l’acquisto di materiale didattico e libri a favore dei figli o di quanti siano studenti lavoratori.

Un forte incentivo a partecipare a queste iniziative di inclusione sarà inoltre offerto anche ai lavoratori somministrati che vorranno direttamente partecipare alle azioni di sostegno e di accoglienza in favore dei rifugiati, attraverso ospitalità̀, adozione, affidamento e ricongiungimenti familiari. A quanti si attiveranno in questa direzione sarà̀ riconosciuta, sempre per il tramite di Ebitemp, un’indennità̀ una tantum pari a 1.000 euro lordi, e, in caso di accoglienza di minore di anni 18 o di donna in gravidanza, pari a 1.500 euro lordi.

Infine, l’accordo prevede due nuove prestazioni erogate da Ebitemp:

  • il rimborso per assistenza psicologica per sé o per i propri familiari fino al 2° grado di parentela/affinità̀, nel limite massimo di 200 euro ad assistito;
  • il rimborso per l’acquisto di beni prima necessità bebè̀, quindi le spese per beni necessari alla cura del proprio figlio fino a 3 anni di età̀ (es. passeggino, fasciatoio, culla, omogeneizzati ecc.). Questo rimborso è riconosciuto per ciascun figlio nel limite massimo di 800 euro.

Le Organizzazioni Sindacali ritengono che le misure individuate siano le politiche giuste di sostegno e accoglienza verso tutti coloro che entrano nel nostro Paese per sfuggire dalle Guerre e dalle repressioni.

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