Sanità integrativa per i lavoratori

Cosa rappresenta

L’assistenza sanitaria integrativa rappresenta una forma di tutela a disposizione dei cittadini e dei lavoratori che vogliono integrare e/o sostituire i servizi messi a disposizione dal Sistema Sanitario Nazionale. Infatti, accanto alla sanità pubblica, quella privata – profit e no profit – rappresenta pertanto una preziosa risorsa per il sistema, arricchendo l’offerta complessiva di servizi attraverso prestazioni integrative (o complementari), aggiuntive (o supplementari) oppure sostitutive (o duplicative) rispetto a quelle ricomprese nei livelli uniformi ed essenziali di assistenza garantiti dal sistema pubblico.

Essa riguarda il singolo, che può stipulare polizze e contratti in autonomia, o essere realizzato in forma collettiva, se rientrante tra i diritti previsti dai CCNL, dagli Albi professionali o da specifici contratti integrativi predisposti dalle singole aziende. In quest’ultimo caso, le prestazioni di assistenza sanitaria integrativa rientrano quindi tra i benefit offerti dal datore di lavoro ai propri dipendenti; esistono, pertanto, due forme di adesione all’ assistenza sanitaria integrativa: adesione individuale e adesione collettiva.

  • Adesione per via individuale in generale si riferisce a persone che, anche al di fuori di forme di assistenza ad adesione collettiva e/o negoziale, scelgano in autonomia soluzioni individuali, come ad esempio la sottoscrizione di polizze sanitarie offerte da Compagnie di Assicurazione. In quest’ultimo caso, può essere richiesto l’accertamento delle condizioni di salute.
  • Adesione per via collettiva si riferisce a: 
  1.  dipendenti del settore privato e pubblico;
  2. autonomi e liberi professionisti;
  3. altri lavoratori con qualsiasi tipologia contrattuale;
  4.  chi non (necessariamente) svolge un’attività lavorativa, come familiari di iscritti, tra cui anche eventuali minori a carico o membri di particolari tipi di associazioni o enti, ma anche pensionati cui venga estesa anche in fase di quiescenza la copertura siglata nel corso della propria attività professionale.

E’ bene in ogni caso, prestare attenzione alle forme di assistenza sanitaria integrativa prima di iscriversi a qualsiasi fondo in quanto è fondamentale verificare la propria condizione, nel senso che varia se si è lavoratori dipendenti, liberi professionisti o pensionati. Infatti per:

  1. Lavoratori dipendenti: in questo caso, la soluzione più immediata può essere quella di controllare innanzitutto la propria busta paga, in particolare verificando la presenza di un’eventuale trattenuta imputabile a un fondo sanitario o a una società di mutuo soccorso. In alternativa, anche per ottenere ulteriori chiarimenti sul proprio CCNL di categoria o a proposito di benefit offerti dal proprio datore di lavoro a mezzo di piani di welfare aziendale e/o di contratti integrativi, è possibile rivolgersi per informazioni a un patronato, un Centro di Assistenza Fiscale (CAF) o un consulente del lavoro. 
  2. Liberi professionisti iscritti a un Albo: eventualità più semplice è in questo caso quella di consultare (anche in via telematica) il proprio Ordine professionale in merito a tutte le forme di tutela messe a disposizione dei propri iscritti. 
  3. Pensionati: può capitare che la copertura integrativa di cui si è beneficiato nel corso della propria vita professionale venga per l’appunto estesa anche oltre il momento del pensionamento. Il miglior modo per accertarsene è quello di informarsi direttamente presso l’ex azienda o eventuali rappresentanze di categoria; diversamente, anche in questo caso è consigliabile rivolgersi a un patronato, un CAF o un consulente del lavoro. 

Excursus normativo

La  legge n. 833/1978, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, il Legislatore si è reso conto delle eterogenee realtà di assistenza privata e volontaria riconoscendo al cittadino e al lavoratore la possibilità di fare ricorso ad una “integrazione” delle prestazioni erogate dal sistema pubblico non solo attraverso il ricorso diretto al mercato sanitario, ma anche mediante la partecipazione alla mutualità volontaria  

Il D.Lgs. 502/1992 successivamente, all’articolo 9, istituisce per la prima volta i cosiddetti fondi sanitari integrativi quali “forme differenziate di assistenza”.
Con il D.Lgs. 517/1993, all’art. 10, vengono in seguito descritte le prestazioni che potevano essere erogate da un fondo sanitario integrativo. Tali prestazioni, definite come “aggiuntive” rispetto a quelle fornite dal SSN, hanno avuto una ulteriore specificazione con la riforma ter o riforma Bindi (D.Lgs n. 229/99) in attuazione della legge delega n. 419 del 1998). Tale provvedimento modifica l’articolo 9 del D.Lgs. 502/1992 introducendo la “tipologia” dei fondi integrativi del Servizio Sanitario Nazionale, i cosiddetti fondi “doc”, il cui fine è quello di preservare le caratteristiche di solidarietà e universalismo della sanità pubblica e allo stesso tempo incoraggiare la copertura di servizi integrativi con prestazioni eccedenti i LEA (livelli essenziali di assistenza) attraverso l’assistenza privata.
I fondi integrativi “doc” vengono pensati come complementari alla sanità pubblica, permettendo di garantire una copertura su base collettiva per tutte le prestazioni non garantite dal SSN (servizio sanitario nazionale) o che sono anche solo parzialmente a carico delle famiglie. Tali fondi sono caratterizzati da tre elementi: 

  1. non selezione dei rischi sanitari;
  2. non discriminazione nei premi da pagare; 
  3. non concorrenza con il Servizio Sanitario Nazionale (o meglio “concorrenza limitata” in quanto possono offrire prestazioni sostitutive purché svolte esclusivamente nell’ambito della libera professione intramuraria).

Contestualmente vengono definiti “non doc” i fondi che non hanno l’obbligo di rispettare i vincoli appena elencati e che quindi possono offrire anche prestazioni sostitutive rispetto a quelle del servizio pubblico ricadenti nei Livelli Essenziali di Assistenza.
Il comma 2, art. 9, D.Lgs. 229/1999 prevede che un fondo di “nuova istituzione” possa essere definito “doc” soltanto qualora indichi espressamente nella propria denominazione la definizione “integrativo del Servizio Sanitario Nazionale”. È fatto quindi divieto di utilizzare tale espressione con riferimento a fondi istituiti per finalità diverse da quelle proprie dei fondi tipizzati dal decreto 229/1999.
Il D.M. Turco del 31 marzo 2008, dopo quasi dieci anni, rappresenta il primo provvedimento normativo che riconosce espressamente l’esistenza dei fondi diversi da quelli tipizzati dal D.Lgs. 229/99 consentendo il superamento della definizione “fondi non doc”, indicandoli come “enti, casse, società di mutuo soccorso aventi esclusivamente fine assistenziale” e, al contempo, individuando sia il loro ambito di intervento, sia quello dei Fondi Sanitari Integrativi del SSN.

 In particolare, l’articolo 1 del suddetto decreto estende gli ambiti di intervento dei fondi ex articolo 9 d.lgs. n. 502 del 1992 (integrativi) nei limiti in cui non siano ricompresi nei LEA:

  1. prestazioni sociosanitarie;
  2. spese sostenute dall’assistito per le prestazioni sociali erogate nell’ambito dei programmi assistenziali intensivi e prolungati finalizzati a garantire la permanenza a domicilio ovvero in strutture residenziali o semiresidenziali delle persone anziane e disabili;
  3. prestazioni finalizzate al recupero della salute di soggetti temporaneamente inabilitati da malattia o infortunio per la parte non garantita dalla normativa vigente;
  4. prestazioni di assistenza odontoiatrica non comprese nei livelli essenziali di assistenza per la prevenzione, cura e riabilitazione di patologie odontoiatriche.

Ulteriore novità riguarda l’istituzione dell’Anagrafe dei fondi sanitari presso il Ministero della Salute in cui sono censiti tutti i fondi sanitari integrativi del S.S.N. nonché gli enti, casse, società di mutuo soccorso aventi fine esclusivamente assistenziale

L’ultimo intervento normativo in materia di assistenza sanitaria integrativa è il D.M. del 27 ottobre 2009 (Decreto Sacconi) che modifica e integra il Decreto Turco al fine di rilanciare i fondi integrativi distinguendoli da Enti, Casse e Società di mutuo soccorso, specificando ulteriormente ambiti di applicazione, procedure e modalità di funzionamento:

  1. Fondi Sanitari Integrativi del Servizio sanitario nazionale, istituiti o adeguati ai sensi dell’art. 9 del decreto legislativo 20 dicembre 1992, n. 502;
  2. Enti, Casse e Società di Mutuo Soccorso aventi esclusivamente fine assistenziale, di cui all’art. 51, comma 2, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni. 

Attualmente il sistema dei Fondi sanitari è caratterizzato dalla distinzione tra “fondi ex art. 9 (Integrativi)” e “enti, casse e società di mutuo soccorso aventi esclusivamente finalità assistenziale”
 Il Ministero della Salute ha ribadito questa distinzione dal punto di vista civilistico e fiscale e ne ha tracciato una netta linea di demarcazione. La differenza tra i “fondi sanitari integrativi” e gli “enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale” consiste proprio nel fatto che i primi, sono finalizzati all’erogazione di prestazioni non comprese nei livelli essenziali di assistenza (prestazioni integrative), mentre i secondi possono finanziare anche prestazioni sostitutive rispetto a quelle già erogate dal Servizio sanitario nazionale”.
In quest’ottica per chi aderisce a un fondo sanitario integrativo in forma individuale e volontaria (è il caso di pensionati, lavoratori autonomi, liberi professionisti o inoccupati) il contributo di adesione versato dall’iscritto concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente e quindi solo le spese mediche sono detraibili dalle imposte nella misura del 19% per la parte eccedente 129,11 euro.
Diverso il caso, invece, dei lavoratori dipendenti che aderiscono a un fondo previsto da un contratto, accordo o regolamento aziendale. In questo scenario i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore a enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale non concorrono a formare il reddito di lavoro e vanno in deduzione per un importo massimo di 3.615,20 euro.
Tuttavia, con la legge di stabilità per il 2016, nasce il welfare aziendale e con esso quello del benessere sul lavoro che, sta assumendo un’importanza sempre maggiore per i lavoratori e le imprese, consapevoli che a far crescere una azienda non sono solo i benefit monetari, ma anche quelli legati al benessere individuale.

Infatti il Rapporto 2018, si sofferma su uno dei benefit aziendali più sentiti: l’assistenza sanitaria integrativa per i lavoratori.

“Nel 2018 il 42% delle imprese attuano almeno un’iniziativa nella macro area della salute e assistenza. Erano il 32,2% nel 2016, anno della prima edizione dell’indagine. Dunque il welfare aziendale sanitario integrativo raggiunge una platea sempre più ampia di lavoratori, anche se nel complesso ancora troppo pochi considerate le esigenze delle famiglie, sulle quali grava un onere per la salute di 34 miliardi di euro, il 23% della spesa sanitaria complessiva del nostro paese.”

Così inizia il capitolo dedicato a Salute e Assistenza del Welfare– Rapporto 2018, sottolineando un impegno nell’assistenza sanitaria integrativa crescente all’interno dell’ecosistema delle PMI italiane (Piccole e Medie Imprese)

Questa normativa ha aperto una nuova stagione, una fase due del welfare aziendale (legge 208/2019), chiamando le imprese e le parti sociali ad assumere un ruolo attivo per diffondere le misure di flexible benefits a platee sempre più ampie di soggetti, così da rendere le forme di welfare integrativo un secondo pilastro del sistema di assistenza sanitaria.

In ultimo, sottolineiamo l’importanza che, anche in questo campo, riveste la contrattazione collettiva nazionale come primo propulsore del welfare contrattuale che riesce a offrire, attraverso l’applicazione dell’art. 69 del CCNL per i “dipendenti delle imprese che esercitano servizi di pulizia e servizi integrati e multiservizi”, una serie importante di prestazioni socio-sanitarie a più di 200 mila lavoratori dipendenti operanti presso più di 3.000 imprese. Infatti la contrattazione collettiva aziendale e, di recente, anche nazionale sta dando un contributo ulteriore alla diffusione e alla regolazione dei vari istituti di welfare integrativo. Assistenza sanitaria e previdenza integrativa sono le due misure più diffuse per dare a questo welfare integrativo un carattere di sistema, perché le PMI (piccole e medie imprese)  sono gran parte della nostra economia e perché d’altra parte hanno minori possibilità di accedere alle prestazioni pubbliche. 

Accedere all’assistenza sanitaria integrativa a mezzo di piani di welfare aziendale vuol dire avere varie prestazioni cui la sottoscrizione può dare diritto: 

  1. a seconda dell’ente erogante, la sanità integrativa può ad esempio offrire agli iscritti un rimborso, totale o parziale, delle prestazioni medico-sanitarie erogate dalle proprie strutture ospedaliere o da strutture e ambulatori convenzionati. 
  2. Allo stesso modo, anche la modalità di rimborso, diretto o indiretto, viene spesso a dipendere dal tipo di convenzione che intercorre tra la struttura prescelta e l’ente con cui si è sottoscritta la propria soluzione di sanità integrativa.  

Prestazioni erogabili attraverso la sanità complementare

I possibili ambiti di copertura dell’assistenza sanitaria integrativa sono di fatto definiti per legge. Pur all’interno dei confini stabiliti dalla normativa di riferimento (con particolare attenzione alla distinzione tra forme sostitutive e forme puramente integrative del SSN), ogni strumento di assistenza integrativa prevede diverse tipologie di prestazioni, intese di fatto sia come accesso “agevolato” a diversi tipi di interventi socio-sanitari (visite specialistiche e diagnostiche, attività riabilitative, etc) sia come soluzioni di rimborso o altra copertura economica per i costi sostenuti o da sostenere in ambito sanitario. 

Anche in quest’ultimo caso, il livello di copertura dipenderà dalla soluzione scelta dall’aderente e, in particolare, dalla presenza di eventuali massimali, necessariamente indicati nello statuto e/o nel contratto di riferimento, nonché dal fatto che l’adesione preveda comunque, per tutte o alcune specifiche prestazioni, anche eventuali franchigie a carico dell’aderente

Tra le prestazioni più comunemente diffuse possiamo trovare:

  • ricoveri ospedalieri ed interventi chirurgici con estensioni di massimali per i cosiddetti “grandi interventi”;  
  • visite ed esami specialistici;  
  • diaria da ricovero in strutture pubbliche;  
  • rimborso ticket sanitari (soprattutto per i “fondi non doc” ad adesione collettiva). 

Sotto il profilo della copertura economica offerta, le prestazioni possono essere fondamentalmente erogate con due modalità:

  • erogazione diretta: in questo caso la prestazione viene cioè erogata direttamente presso strutture sanitarie o professionisti convenzionati con la forma di assistenza sanitaria cui l’iscritto ha aderito. Di conseguenza, l’aderente non anticipata alcuna spesa (proprio perché il pagamento della prestazione è sostenuto dal fondo stesso) ed è al più chiamato a saldare spese extra e/o eventuali franchigie, così come stabilito dal contratto siglato al momento della sottoscrizione. 
  • assistenza in forma indiretta: l’assistito anticipa cioè il costo della prestazione, salvo poi chiederne poi il rimborso – parziale o totale – nei tempi, nelle modalità e nella misura previsti dalla propria forma di assistenza sanitaria integrativa. In questo caso la prestazione potrebbe essere erogata sia da strutture o professionisti liberamente scelti dall’assistito sia presso eventuali centri convenzionati, che consentano di usufruire di tariffe agevolate rispetto ai “normali” prezzi di listino. 

In conclusione si può dire che usufruire della sanità integrativa, non solo comporta vantaggi economici come sopra descritto, ma consente anche di usufruire di una serie di facilitazioni che riguardano i tempi e le modalità di erogazione delle prestazioni. In particolare, pur con tutte le peculiarità associate alla specifica forma prescelta, si segnalano a titolo esemplificativo:

  1. tempi d’attesa ridotti per l’accesso a visite specialistiche, ricoveri programmati/programmabili o per la diagnostica (con orari di visita prolungati);
  2.  procedure di accettazione o prenotazione semplificate, spesso anche perché direttamente gestite dalla forma di assistenza sanitaria prescelta e la relativa struttura convenzionata; 
  3.  miglioramento del rapporto costo/prestazioni, dovuto sia alla possibilità di beneficiare (al di là dei casi di erogazione diretta o rimborso) di tariffe spesso agevolate presso le strutture convenzionate sia di particolari tipologie di benefit o servizi dedicati (ad esempio camere private e accoglienza anche per l’eventuale accompagnatore in caso di ricovero); 
  4.  possibilità di godere dei benefit associati all’adesione anche per eventuali prestazioni di medicina non convenzionale e che non rientrano pertanto tra quelle garantite dal SSN per il tramite dei LEA

Ciò detto, diventa naturalmente importante, nella scelta della propria forma di assistenza sanitaria, vagliare non solo i benefici di natura economica ma anche le prestazioni garantite e quindi le relative condizioni di erogazione (ad esempio, la presenza di franchigie), nonché tipo e numerosità di strutture convenzionate presenti in particolar modo nella propria zona di residenza, così da verificare la concreta accessibilità dei servizi offerti

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